Il piccolo Hans - anno VII - n.25 - gennaio-marzo 1980
vido, quando ci capita di leggere in un orario ferrovia rio il nome di Pontarmé». Riconosciamo la grana della sua lingua: il tessuto vago e imprendibile della sua reverie si lacera costellato da ' parole forti, nucleari, che si fissano come granelli di polvere intorno a cui l'ostrica secerne la propria perla. Questo tessuto, che · Proust chiama «il sogno di un sogno», si raccoglie in un presente smagliante, ottenuto con un procedi mento di taglio e montaggio, alla presenza di un io narrante insonne, il quale, per · esempio, decide di par tire nella notte per Loisy, dove è in corso una festa annuale. Nel capitolo successivo - sono tutti capito letti brevi e scorciati - ci troviamo immersi nella fe sta. Tre capitoli più ·tardi ci accorgiamo che si tratta va di un ricordo di diversi anni addietro, di un'altra festa. Ce ne accorgiamo perché siamo ricondotti al pre sente del viaggio in carrozza verso Loisy, e tuttavia la festa non era meno «presente»: entrambi i momenti proiettati sulla superficie chiusa del testo. Ma qual'è la natura di questo tempo testuale che in Nerval si lascia osservare in modo privilegiato ma possiamo con siderare . generalizzabile, questo tempo tanto simile al presente ma anche stranamente · composito, contrad detto? Per comprenderlo, Freud mette in luce qualcosa di essenziale quando definisce il carattere più vistoso del sogno: qui un pensiero - di regola q:uello desiderato - viene oggettivato, rappresentato come una scena, come vissuto, e soprattutto come situazione attuale. Il pre sente è il tempo del sogno, il tempo in cui il desiderio viene rappresentato come appagato. Sappiamo però quan to questo presente risulti composito: resti diurni re centi e recentissimi concorrono insieme a remoti brani del passato connessi con desideri infantili che costi tuiscono il motore più interno del sogno stesso. E' dal passato che deriva il sogno anche se possiamo dire che 83
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