Il piccolo Hans - anno VII - n.25 - gennaio-marzo 1980

al discorso dell'analista, qualora è poss , ibile, sottomette il sapere, barra il . posto dell'Altro a $ --�---- Si S1 e ridà all'oggetto perdùto la sua funzione di « piccolo » e di «parziale». La metafora feci-pene-bambino non è più allora devastan1e, l'evacuazione non è più mortale. Curiosamente, i1 fantasma di un buco nel naso, che ca­ ratterizzerà la fase chiamata di «paranoia » dell'uomo dei lupi, in mancanza di un effettivo spostamento del suo discorso, perché certo l'uomo dei lupi non è arri­ vato ad approdare al discorso dell'analista, questo fan­ tasma di un cratere nel naso troverà una certa satura­ zione in un sapere che mima quello dell'analista. Sarà scrivendo le sue Memorie ad , integrazione di quanto il suo analista ci ha lasciato sul suo «caso », che l'uomo dei lupi si farà «più grosso » del buco che minaccia di inghiottirlo. Certo sarà solo un'aggiustatura, effetto di quella protesi che è il sapere, perché non èJ con la sag­ gezza che si guarisce la follia. Non solo, ma un'aggiu­ statura possibile solo per l'età ormai prossima alla fine dell'uomo dei lupi: non c'era più il tempo per il rigetto di un tessuto innestato su un altro non compatibile, non c'era più tempo per l'esplosione della plastica facciale di Re Shadow, ricordate Un re a New York di Chaplin? È l'imminenza della morte che sostituisce per l'uomo dei lupi la fine dell'analisi. Ecco dunque quanti fili, che collegano la domanda dell'analizzante al sapere della verità, l'analista intrav­ vede in tale domanda, gli stessi forse del destino che ci fa 1:rovare, subito prima della stesura del caso clinico dell'«uomo dei lupi», a conferma di quanto stiamo an­ dando scoprendo, un breve scritto dell'ottobre 1914 (la 30

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