Il piccolo Hans - anno VII - n.25 - gennaio-marzo 1980

vio poiché qualsiasi empirismo sociale deriva da qual­ che decisione che è stata presa nel «pensabile», luogo di difficile frequentazione per quanto riguarda il so­ ciale che oggi ha un'alone simile a quello della religione due secoli fa. È nel campo del «pensabile» che si esercita tutto un complesso gioco di inter-detti e di legittimazioni. Non confonderei il «pensabile» con l'ipotesi cara alla tradi­ zione della epfstemologia francese, e nemmeno con l' an­ ticipazione intorno a cui l'Enciclopedia Einaudi enuncia che «è la quadrettatura, il manuale previo e la strate­ gia del gioco di ricerca». In questo ca§O ci troviamo di fronte a una situazione epistemologica già fortemente strutturata che è un effetto del lavoro che è già stato compiuto sul campo del «pensabile». Il «pensabile» di cui parlo non è nemmeno l'equivalente del «possi­ bile» di' tradizione leibniziana e quindi, oggi, sotto l'im­ perio della logica modale. Esso va piuttosto veduto in una zona dove la formulazione teorica dei problemi, la scelta dei concetti per organiùarli, l'ordinamento e l'in­ terrogazione dei dati, è ancora fortemente condizionata da · dinamiche affettive inconsce che pre-scelgono, pre­ determinano in un modo molto simile _ a quello che in­ dicavà Heidegger parlando di pre--cognizionè affettiva. Nella nostra forma culturale esiste un idealismo spon­ taneo degli intellettuali - anche quando parlano di ma­ terialismo - che svolge una forte funzione di copertura nei confronti di queste dinamiche profonde che spesso interessano interi gr-uppi e ceti. Invece «leggere il mondo cominciando dai concetti» non è un vizio di astrattezza, come spesso viene rimpro­ verato, ma una necessità derivata dal fatto che ogni lettura implica un alfabeto. Tuttavia una domanda c'è ed è questa: da quali concetti, e dove trovati, e dove autorizzati, approvati, garantiti, rispettati l'orizzonte del- 177

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