Il piccolo Hans - anno VII - n.25 - gennaio-marzo 1980

neppure eccitazione, e iJ dolore stesso più non duole». Neppure « la poesia, l'ambizione, l'amore» lo seducono più: « passandomi accanto esse mi appaiono piuttosto come delle fi gu re su un vaso greco, un uomo e due donne, nel cui travestimento io solo le riconosco». È questa condizione del poeta « un raro esempio in cui giova che il corpo vinca sullo spirito», la passività del sentire sull'attività del conoscere. « Il sapere è utile alla gente che pensa: libera dalla febbre e dalle smanie. Aiuta inoltre, allargando i confini della riflessione, ad alleviare il peso del mistero». Ma il poeta pare volere, masochisticamente, intrat­ tenersi nell'infinito trattenimento del mistero: « spro­ fondare 1 in . ,abissi profondissimi da dove siamo risospinti in alto senza ali, e con tutto - l'orrore che può provare una creatura inerme». Laddove chi sa si inoltra nel­ l'abisso con su le spalle « ali o piume»: così attraversa « l'aria e lo spazio senza paura». Il poeta romantico non sa neppure chi in lui parli: « forse anche adesso non sono io a par.lare: ma parla in me qualcuno nella cui anima ora vivo». Egli pare vi­ vere in una sorta di lontananza da sé: « a volte per set­ timane intere non s , ento nul1a, nessuna passione, nes­ sun affetto: e a volte questo stato continua cosi a lungo che comincio a sospettare di me stesso e della auten­ ticità dei miei sentimenti». Questa « solitaria indiffe­ renza » egli anche teme: « che offuschi l'acutezza della mia visione». Ma nello stesso tempo anche dice « Non credo che avverrà: · sento che scriverei semplicemente in virtù di · quel desiderio e quell'amore che sento per la bellezza, anche se la mattina dopo dovessi distrug­ gere ciò intorno a cui durante la notte mi sono affati­ cato; anche se occhio umano non vi posasse mai lo sguardo». Non è dunque della vita, che a volte pare al poeta mancare, che la sua poesia si nutre: non la vita reale la 134

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