Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

to, ciò che mi resta di una voce che diceva mal, c10 che oggi so che è, male, maschio, fa male, femelle, femmi­ na. Oggi la sbarra bianca che stringevo per la gamba quasi mancante di mia madre è ciò che mi indica la funzione dello scritto, zeta, due sbarre ,e un trattino, bagliore di una lancia roteante contro i mulini a vento, come armatura, corazza ricopr ,ente, ma anche sostegno in­ terno nascosto sotto ,le morbide curve dell'a-voce, s. Il sapere, imparare a leggere e a scrivere, sembra sostenere la struttura della parola intorno alla qual,e la voce arrotonda i suoi stridii. Un sapere che è già là, come la protesi che prende il posto dell'arto precede anche la malattia, il ferro bianco del letto che soste­ neva la mia pulsione invocante - Mamma, mi senti? ti faccio male? Il bianco è il n:òn scritto, a meno che non ci sia una lavagna nera. Qui, 1 il bianco rivela i suoi segni. Ri­ cordiamo il · lupo bianco-peoora bianca, del sogno del­ l'uomo dei Jupi. La pecora bianca (cfr. cit.) si rivela nel disegno di un lupo bianco, un bianco che prende senso solo su un nero, perché il lupo è nero, ed è questo che permette all'analizzante di dire a Freud: ho sognato dei lupi bianchi. E' attraverso la fobia dei cavalli, dalla parte del padre, che il piccolo Hans si allontana dalle due giraffe femminili, la madre, Ja sorella, la sorella - lui. · E anche nel caso del piccolo Hans, la giraffa è un di­ segno, un foglio spiegazzato, in cui sono le pieghe a segnare le prime tracce sul bianco. La giraffa ,che con il suo lungo collo, ci offre una protesi, per •arrivare a vedere meglio, che lungo collo hai, e a vedere meglio ciò · che manca, prima ancora che il cavallo-Jupo rischi di mordere. Anche in questo caso, la protesi precede la fobia, come il paio d'occhiali che un analizzante mise da pic­ colissimo è ancora lì, oggi, a impedirgli di uscire di casa (« non correre, che perdi gli occhiali » è la voce 9

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