Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

za peli, che tratteneva sulla spalla un foulard di chiffon fermandolo con la mano, davanti, quasi a coprire - un seno che non c'era. Questo sogno è come l'ho detto, non solo perché, mi vedevo, perché mi vedevo di fronte un giovinetto, perché mi vedevo di fronte un giovinetto di spalle, ed anche la voce riesce a rendere in questo caso l'ambivalenza ses­ suale, la differenza, mi vedevo di fronte di spalle, il giro completo della pulsione scopica, ma anche perché si è rivelato dicendolo. Mentre infatti lo raccontavo, a tavola, a mezzogiorno, ho avuto un attimo di silenzio. Poi ho ag­ giunto: strano, mi sembra adesso che quel giovanetto guardasse, non so, una fonte. Per scoprire che l'interlo­ cutore stava pensando all'immagine della pittura fran­ cese, quel drappo sulla spalla, iconografia della fonte, la source. Non è solo la esse di source che mi riporta all'altro sogno, di cui stavo parlando, ma il termine fonte, nato così, a tavola, che mi dice una volta di più che l'incon­ scio è davvero il luogo dell'altro, che non si sogna solo per l'analista, quasi che quei _ sogni così fatti siano quasi sogni fasulli, sogni di compiacenza, ma che in quel caso l'analista più che mai è nel luogo dell'Altro, perché sem­ pI'e si sogna nel luogo dell'altro, e bisognerà soffermarsi sui sogni incrociati di una coppia e su questo nuovo «arcano» dell'inconscio. Per questo le ass-ociazioni del­ l'analista non sono poi tanto a coté, se non nel senso che cadono come 1'oggetto piccolo a dal cerchio delìe mura del regno da conquistare (cfr. Archeologia del!'a­ vanzante). Ed ecco allora che i due luoghi segnati dal cerchio della tavola forata e dalla superfice piana della lavagna nera, mostrano anch'essi una differenza scambiata · (ve­ dersi di fronte di spalle un giovanetto): dal" cerchio della tavola in cui dovrei collocare l'oggetto piccolo a, emerge l'immagjne dura, Z, dell'estraneità e del sapere medico 7

RkJQdWJsaXNoZXIy