Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979
fatto ammettere, per un istante, che « può essere», mi costrinsero a ricordare il grande registro teorico dei fondamen t i e l'idea dell'opera aperta, che pur resta ferma in tutto il libro, e a riconoscere che le prove e gli esempi prodotti in pagine come queste riducevano di troppo quelle istrutture e figure concettuali. Riducevano anche il messaggio di Virginia Woolf, che invece voglio tener vicino e adeguare anche a motivi del lungo 1studio e dei molti volumi di Umberto Eco: a un'at tenzione alla scrittura e al discorso promossa e argo mentata anche da questo studio sistematico, e ridesta tami da altre pagine di Orlando, nelle quali si raoconta una conversazione, che naturalmente ha le sue regole, applicabili, come Eco insegna, anche all'analisi della narratività. Quella conversazione appena svolgendosi rappresen-· ta la potenza significativa e la produttività della parola (di parole « tanto povere, a confronto . delle idee ») nei testi; e la rappresentazione, la verità che vi prende cor po, sono lontane da certe pagine del Lector in fabula; ma sono vicine più di quel che sembri al, l'analisi e alle ragioni dell'apertura. Si dice, infatti, commentando quel la conversazione (pp. 562-653 di V. Woolf, Romanzi e altro, cit.), che la verità è lo istile, la sua virtù, la sua trasparenza. Lo 1stile torna a coniugarsi, non però con l'uomo o con la cosa da dire (o da narrare), ma sola mente con la verità: e la coniugazione ammette e regge e informa una risolta libertà interpretativa. « E così seguitavano a parlare, o piuttosto a com prendersi, cosa in cui consiste l'arte essenziale della conversazione, in un'epoca in cui le parole diventano ogni giorno tanto povere, a confronto delle •idee, che le 'gallette mancavano' deve interpretarsi come 'abbrac dare una negra al buio, dopo aver letto per la decima 158
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