Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

Le intrusioni di Virginia Woolf nel suo romanzo, Orlando (dr. tr. it. di A. Scàlero in V. Woolf, Romanzi e altro, Milano, Mondadori, 1978), intrusioni dirette o « per interposta persona», ci restituiscono immancabil­ mente un'attitudine simile a quella che studia Blanchot come ,effetto delle « irregolari intrusioni» di Thomas Mann in tutto ciò che racconta: « un'ingenuità di- se­ condo grado, quella della mancanza di ingenuità». Qui, certo, « raccontare non viene da sé». Questa è la mia impressione: e non c'è di meglio, e mi pare anche di trovare parole efficaci, e perfino argomenti da Entretien infini (vedi pp. 504 ss. della tr. it., Torino, Einaudi, 1977), per andare d'acco�do con Umberto Eco. Tuttavia, , se nomino con Mann o con Kafka o con Virginia Woolf, e forse anche con Flaubert, una volta perduta l'inge­ nuità, certo, a questo punto o grado della mancanza d'in­ genuità, se nomino con Mann eccetera e anche con Flaubert l'esperienza naTrativa, « quella che non si può raccontare ma che è in gioco nel raccontare», non è solo per discutere sul Lector in fabula: volere o no, an­ che questo discorso entra in giocg: è quell'esperienza, il raccontare, a risolverlo in ogni <tratto, come un chia­ rimento possibile o mancato, una tecnica, un ordine della conoscenza, nel gioco, per esigenze di praticabilità (quanto dire di comunicabilità). Intanto quell'intrusione di Virginia è « per interposta persona». Non si scompone, non si fende in nessun mo­ do la « parola ,del racconto»: forse non abbiamo rice­ vuto una dichiarazione dall'autore apertis verbis. Con­ tinuiamo ad ascoltare la « voce narrativa », che '« non può incarnarsi » (L'infinito intrattenimento, p. 513), e qui ha contratto un prestito o una mediazione, parlando, lei che rimane « spettrale, fantomatica», come voce di un immaginario biografo. Nella finzione, continua e va­ riante, la voce narrativa è differente da ogni voce per- 151

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