Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

come respiro - un tempo, il respiro - si raggruma davanti... il fiato della voce. Schubert ha conosciuto la concrezione del tempo nel corpo. Perché sottrarsi alla lunghezza divina della musica schubertiana? era il solo modo .in cui Schumann - ad esempio - poteva rappresentarsi dò che lo stava facen­ do impazzire? Oppure: « In Beethoven la Hducia nella pienezza espressiva e nella possibilità di scoprire l'uni­ tà nella varietà ha bilanciato l'idea tragico stilistica di una musica del soggetto operante. Schubert, in cui questa idea viene già meno, a volte trascina con noncu­ ranza l'unità del tutto. Da questo punto di vista si può forse scoprire perché il più grandioso schizzo sinfonico di Schubert sia rimasto incompiuto, questo primo pezzo di musica interamente organico, depurato delle « verités éternelles » razionalistiche... Quella è l'origine del pro­ gramma estetico di Mahler, ma mentre il suo impulso epico cerca di realizzare per mezzo di una costruzione, in Schubert tale impulso spesso si dispe11de, irriflesso... ». Pe!'Ché? pur partendo dalla crisi di un soggetto or­ ganico operante si vuole comunque, ritornarvi - quasi vi fosse una soluzione... e non gli elementi... da , svolgere... Per timore di non sapersi sciogliere dal piacere della melodia? Dalla dokezza di un padre che tutto ama? Susse Friede, komm ach komm, in meiner Brust! Doke pace, vieni ah vieni, nel mio petto! Pe11ché non invocare? 1 La voce ha percorso sé in tutta la sua individualità, per questo non teme dell'invocazione la semplicità e la violenza. Non teme neppure che il suo errare la porti alla pura ripetizione, 1sa già di abitare la ripetizione, di esistere per essa. Ripetizione non è variazione - demone beethovenia­ no come nessun altro mai - non è prefi gu razione logica di possibilità future - di musica - dominio del tempo disteso fin nel futuro. Ripetizione è cominciare da capo 146

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