Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979
musica, dentro il mondo - e questo saito è insieme una caduta: quel mondo si ,scopre essere un altro mondo. Dove l'esibirsi non si consuma più nel farsi-vedere che il corpo gioca come -rischio di esserci entrando nel ciric:uito della scissione: del denaro, della prostituzione. In questo altro mondo l'esibirsi stesso è un'assenza, un farsi-sentire da chi può - forse - sempre amare, o al meno, consentire ad accogliere. Ciò che gioca come va lore di scambio è proprio - crudelmente - l'assenza, l'anima potrebbe dirsi, la bontà - poiché il canto, per Schubert, è buono. Questa è la spinta - angelica? de moniaca? - che permette di comporre comunque! al di fuori di ogni minimale condizione produttiva - senza un pianoforte! - nella scommessa di operare, stare ope rando, entro il campo dell'Altro - dell'incertezza del suo darsi - a trarlo al soggetto. La costanza in questa fede - nell'illusione fino ad esaurire il fantasma - di un ascolto è atto di rkongiunzione della scissione, che Schubert fissa nel Lied: nuova identità produttiva. A lungo Schubert ,si dovette scontrare con l'incom prensione dei cantanti della sua epoca, abituati ad un canto omogeneo nel suo investirsi nella nota o ad un'ac centuazione al più ,drammatica: fino all'incontro con Mi chael Vogl - un baritono - che fu il solo a saper co gliere l'innovazione del canto che il suo lavoro sulla voce imponeva: un'esecuzione dinamica, capace di rievocare - ad ogni passaggio, ad ogni attacco, ad ogni respiro - la differenza che permette la melodia: il fluire. Solo la voce-di-un-altro può rendere un Lied di Schubert con linearità - la sospensione . del · conosciuto della propria voce - attraversando la melodia - non propria - senza mai possederla. Regressione indefinita verso una memo ria musicale priva _ di determinazioni?, o, sutura del cor po aHa voce? Davanti a ciò che traspone la voce in oggetto si apre sempre un paradosso: poiché la voce è l'unico oggetto 143
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