Il piccolo Hans - VI - n. 24 - ottobre-dicembre 1979

l'impeto e l'effusione. Le ragioni non si devono dire, a dirle si perde la propria adesione al mondo. L'ansia rompe questo equilibrio interno, la naturalezz� con cui la parola velava la parzialità della sua fede - nel padre! - nell'attimo in cui la esponeva. Si rovescia allora l'invocazione prima assoluta, instaurandosi nel procedere solitario della voce; e la parola trova nuova identità nella melodia, tra!endo la sua eccitazione in una indefinita durata. Ogni certezza dell'alt,ro scompare, e in un , susseguirsi di turbamenti affiora ossessiva la sola urgenza d'esserci: che solo il Lied - un altro Lied, an­ cora - può per l'istante placare. La perfetta compattezza di ogni _ Lied non procede da nessuna certezza esterna - un corpo organico della mu­ sica, il senso del testo - si attua di momento in mo­ mento in una diversione del ritmo della parola che in­ contra, in cui esperimenta la densità della voce. Questo primato della voce innova il canto, e infrange ogni struttura chiusa della musica: l'armonia è catturata nello spazio della voce, distesa in un tempo logico, dis­ solta nelle infinite melodie che ogni sospensione anche minima del canto - oseremmo dire ogni nota - fa sentire possibili. La musica non è più supporto della voce a un testo - , suo accompagnamento espressivo - essa aderisce interamente al succedersi lineare delle sue scansioni, delle sue misure, delle sue pause, procedendo unica­ mente all'oggettivazione della voce: nella fisicità del re­ spiro, nella fluidità della dizione, nell'evidenza dei sin­ goli fonemi. Con ciò il Lied salta oltre il testo poetico stesso, appropriandosi della parola come di qualcosa che è stato: Goethe - i ,suoi inni, le sue ballate - è per il giqvarrissimo Schubert la matrice ideale su cui provare l'elaborazione tecnica della voce. Ganymed - musicato nel 1817, a soli vent'anni - è ir termine di un confronto in cui Schubert ha giocato 138

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