Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979
sia al «pensiero post-semiologico» o della «verbalità»(poesia come eccedenza e pluralità strutturata di senso). Con in più - se vogliamo aggiungere, a quelle qui sopra citate e descritte, una categoria o funzione sup plementare -, con in più, quella che definirei la «fun zione-Artaud», e cioè la funzione del dechet, dello scarto (del rimasuglio, del detrito) cui sembrano ridursi gli ordi ni del mondo - dagli«alti» agli«umili» - nell'ultima, recentissima opera di Zanzotto, Il Galateo in bosco (1979); ove alla divaricazione operativa - massima e ir riducibile - fra i poli antitetici della memoria e dell'am nesia, della verbalizzazione e dell'afasia, che caratterizza va drammaticamente le precedenti opere di Zanzotto a partire da La Beltà (1968), subentrano processi di conta minazione-transizione fra i vari campi semantici e piani linguistici, per cui nessuna distanza sepam il pastiche da Petrarca o dal Dante petroso, dalle pseudo-trascrizioni foI!etiche, della defecazione e del vomito. Comunque, ciò che resta ancora da fornire è una sia pur sommaria verifica della funzione-Rimbaud nel- 1'ambito di qualcuna di quelle esperienze che ne sono depositarie e di cui abbiamo citato qui sopra i titolari più responsabili. Siano allor�, a guisa di «cavie - eccellenti», i testi di Amelia Rosselli - depositaria del rimosso ufficiale (o dell'accantonamento) della predetta funzione - e di Antonio Porta, rappresentante della funzione-Rimbaud a titolo postumo rispetto al precedente percorso «stilistico». Ebbene, per quanto riguarda la Rosselli, l'esperienza della verbalità in quanto tensione fra i due ordini, il semantico e il sintattico, si attua, operativamente, su bordinando la competenza sintagmatica alla competenza associativa. E' la competenza associativa che determina non solo l'agglutinarsi locale del testo (di cui sono sintomo i lapsus già segnalati da Pasolini) ma proprio 84
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