Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

alcuni appunto inseribili nella linea che si sta qui descrivendo. Proporre ora una serie di nomi e probabilmente anticipare troppo su esperienze tuttora in crescita e as­ sestamento. Non si vµole però nemmeno rifuggire da ogni designazione. Per cui, anche a titolo di verifica di quanto si è detto sin qui, proveremo ad avanzare anzi­ tutto i nomi di Cagnone e Lumelli, presenti a questo convegno, e poi quelli di Cesare Greppi, di Adriano Spatola, di Michelangelo Coviello, di Cesare Viviani, nonché dei davvero _ nuovissimi Cosimo Ortesta (La pas­ sione della biografia, nel collettivo n. 26 dei « Quaderni della Fenice») e Marica Larocchi (Bracconieri, nel col­ lettivo n. 36); nomi ed esperienze ove la pratica della verbalità (la funzione-Rimbaud) giunge a risultati già singolarissimi, che inseriscono di colpo la poesia ita­ liana in situazioni espressive di tipo europeo. Tuttavia non si tratta di fenomeno esclusivamente circoscrivibile al momento attuale. L'esperienza attuale della verbalità, attestata da queste designazioni nuove o nuovissime, si appoggia, non diciamo a una «tradi­ zione», ma ad altre esperienze analoghe, che la storio­ grafia ufficiale (o una «immagine» acquisita della poe­ sia italiana di questa seconda m_età del secolo) ha te­ nuto in ombra, se non addirittura ha rimosso; non solo ma essa affiora altresì in alcune esperienze con­ dotte nell'ambito della neo-avanguardia o fuoruscite da essa (del resto, il nome di Spatola figurava già all'in­ terno di quel gruppo, e il riferimento culturale propo­ sto dallo stesso interessato era, ' già allora, Rimbaud). Per questo secondo aspetto, comunque, intendo riferirmi, da un lato, a certi risultati della poesia di Alfredo Giu­ liani, ove la funzione-Rimbaud appare recepita e messa in atto attraverso la sua variante anglosassone: Dylan Thomas (penso in particolare - anche per una con­ nessione piuttosto stretta con tutto il discorso e le 82

RkJQdWJsaXNoZXIy