Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979
�< riformulazioni » più o meno globali di alcune disci pline-pilota come la linguistica, la psicoanalisi e la stessa semiologia (scienza recente e già mmificatissima), rifor mulazioni presenti - magari in forme non riflesse - a buona parte delle operazioni in questione, · per aver sùbito chiaro davanti agli occhi il diverso soubassement culturale - e di quale complessità - su cui, oggi, un - operatore letterario consapevole è costretto a giocare i suoi colpi. Questi sperimentatori della poesia in quanto pensiero verbale, appaiono perciò egualmente distanti sia dalla poesia della comunicatività (il che è abbastanza ovvio), -sia (e questo è meno ovvio) dalla poesia della non comu nicatività (o della rottura) delle avanguardie e delle neo avanguardie (nonché dalle esperienze esemplari di un Pound); essi si collegano - probabilmente anche attra verso esperienze quali quella di Ungaretti, unica espe rienza poetica italiana della prima metà del secolo a livello decisamente europeo - ad alcune esperienze iso latissime e grandiose dell'ultimo secolo: e cioè all'espe rienza di Mallarmé e, soprattutto, all'esperienza di Rim baud. Ma si potrebbe anche risalire più indietro. E sta-bilire collegamenti col pensiero verbale (materico) della grande poesia barocca, in una linea eh� va da Sponde a Gongora, e addirittura col capostipite stesso della ma tericità poetica, e cioè con Petrarca (che si vedrebbe perciò sostituito a Dante nel patrocinato della nuova modernità). Con questo avvertimento tuttavia. Che da Petrarca alla poesia barocca, l'opacità del segno ine risce essenzialmente all'esaltazione dei valori ritmici e timbrici del linguaggio; è, insomma, dovuta in gran parte a fatti, anche abnormi, d'ordine formale; mentre con Mallarmé e con Rimbaud l'opacità inerisce soprattutto all'ordine del senso, è un prodotto della densità seman- · tica dell'enunciato. Siamo qui al punto nodale del collegamento critico, 75
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