Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979
ora in essa (come ii.n una camera) penetrasse (... wiirde ein- treten). ». «Aspetto il suo arrivo» è quindi diverso da «Lo aspetto»: colui che aspetto, E, non è il E-che-viene. Non aspetto l'atteso: ovvero, E, la persona che va sotto il nome di E. Aspetto che E-venga, E-«che viene». Ma l'evento, das Ereignis, non sopraggiunge o accade nel senso che 'si produce ', viene avanti come se, pene trando «in una stanza», ci fosse prima «davànti». La realtà (Wirklièhkeit) non si fa entrare dentro come una stanza. Sopraggiunge, accade: la realtà di E-che-viene non èJ già-là, pre-figurata, vorgebildet, già-in�un'imma gine, o in un nome. , «L'errore è profondamente radicato nella nostra lin gua». · Non distinguendo tra E («lo aspetto»: e ne hò già qualche Eild) e la sua venuta, non pre-figurata, «la nostra lingua», si direbbe, preforma, cioè ne dà un Eild, l'evento. Ma la Ereignis non è nella lingua produttrice di Eilder; non è già-là in essa. Dal simbolo-Eild, prefor mato (vorgebildet), già in lingua (anche qui, s'intuisce, una dei nomi designativi), predisposto all'espressione di qualcosa, non si raggiunge affatto l'evento. Il quale, quindi, è in difetto di simboli. «L'atteso», allora non è «l'ospite», che è poi colui che, (nel-)la «realtà», viene, accade. L'ospite non «fa la sua comparsa». Non come l'ospite-atteso, chi viene in realtà, l'ospite, è un pò «un secondo ospite». Mentre del reale-possibile, il desiderio de facto, si ha l'immagine, esso è figurato-detto, «la realtà» del desiderio è impossibile ai simboli, al f i gura re-dire. Pietro D'Oriano 57
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