Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

in , questo sapere si rimane nell'ambito della I def. di 'Satz '. Sopratutto: la riduzione del Satz a Ausserung non porta oltre questo sapere, verso la II def. di 'Satz ': emettere una Ausserung è esprimere, esternizzare, qual­ cosa ma senza descriverla o significarla, senza Bedeu­ tung (cf. PU § 244: un § che fa più, a mio avviso, che riferirsi allo «apprendimento» dei nomi di sensazioni, della loro Bedeutung: estenderò il senso del § sì da giu­ stificare appieno la mia analisi di 'Ausserung ', in un altro testo). « Per natura e · mediante un particolare ad­ destramento mediante una certa educazione, siamo orien­ tati (eingestellt) a produrre, da noi (von uns: 'a nostra volta ', direi, e non «spontaneamente» 20 ), in determi­ nate circostanze, Ausserungen del nostro desiderio...» (PU § 441; c.m.). Che ci debba essere un «salto» dallo Zeiçhen allo Bezeichnete (?ra si giustifica. Se in dubbio, se vaga, è una capacità di Verbildlichung - della esperienza�di-rap­ presentazione di un certo oggetto (B-che-viene); dell'iden- 1 tità del fascio di sensazioni che la costituiscono; del­ l'identità di B-che�viene-soltanto è consentita «l'allu­ sione». Nel segno - e come tale va ricapitolata, come segno-di, l'esperienza di questione - non è raggiunto l'oggetto del segno. Ma allora, se è in questione l'ineffi­ cacia in quanto tale della simbolizzazione, della Dar­ stellung mediante Bild, l'oggetto della Verbildlichung non è neanche in questione. Ciò comporta che lo statuto de facto del rap-presentato, un non ·già-là, non sia mai evo­ cato. Nel contrasto tra allusione e riferimento, in og­ getto è lo Zeichen, il nome, il Satz, il Bild-Satz. Il con­ trasto è sulla loro costruzione. Col risultato dell'inno­ mabilità (di una nominazione non designativa) dell'og­ getto per questo Zeichen, quale che sia l'oggetto. Ed è una teoria della non simbolizzazione (della non rappre­ sentazione) che si oppone alla teoria della nominabilità 52

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