Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979
a una serie di rilievi sulle «figure» di alcuni giovani intellettuali italiani, di famiglia «alto-borghese», attivi nel campo antifascista tra gli ultimi anni trenta e gli · inizi degli anni quaranta, e già allora militanti nel par tito comunista o tendenzialmente orientati verso di esso. «Alto-borghesi» è definizione, opinabile, di For tini. Si tratta infatti, semmai, di giovani provenienti da un ceto intellettuale-politico, o di grandi «commis» dello Stato, ai quali il · termine «borghese», se ad esso si dà l'accezione marxiana di detentore dei mezzi di produzione, non si addice: o solo per una metafora che non può non essere, quanto meno, analiticamente rischiosa. All'antifascismo di questi giovani Fortini contrap pone · quello «piccolo borghese» di se stesso e di altri (in un dibattito alla Fondazione Corrente di Milano aveva fatto i nomi di Vittorini, Pavese,...). Sul filo di questa contrapposizione, egli scrive: «Viene da chie dersi perché la nostra storia nazionale degli ultimi quarantanni non sia stata ancora letta impiegando come filtro il rapporto e il conflitto fra ceti piccolo borghesi e ceti alto-borghesi; rapporto e conflitto che invece è stato oggetto di tanta pubblicistica per il pe riodo giolittiano e per quello fascista». E' fin troppo facile obbiettare ancora a Fortini che il conflitto di cui egli parla è probabilmente leggibile solo come un epifenomeno di quell'altro conflitto, «fondante», che è l'antagonismo borghesia-proletariato, entro il quale, soprattutto nel nostro secolo e in al cuni Paesi, tra i quali l'Italia, il primo si inscrive. Ma ciò non toglie interesse al suo discorso. Rimane infatti vero che le categorie marxiane non sono descrit tivistiche e normative, ma metodologiche: si ricordi, tra l'altro, che Marx usò preferenzialmente la formula «lotte delle classi», e di queste lotte, con il vario configurarsi delle posizioni dei molteplici raggruppa- 188
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