Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

alle opposizioni metaforiche, alle tautologie, ai paralle­ lismi, alle invenzioni sintattiche, con intensità ed effi­ cacia tali da rendere per lo meno curioso il ricorso alle interiezioni. Le quali sono diventate dunque «pa­ role vuote», sincategorematiche, buchi a fondo cieco; impenetrabili al rimpianto perché impenetrabili al de­ siderio. Ma, proprio per questo loro statuto, inutili, mute, senza senso anche rispetto all'inconscio del te­ sto? Viene voglia di fare un pensierino al molto fa­ moso ne espletivo tirato in ballo da Lacan. ' In ogni processo linguistico di significanza si deter­ mina una produzione di senso dislocato, trasversale: tale attitudine si può nominare (metaforicamente: ma quanto metaforicamente?) inconscio del testo? Fra in­ conscio dell'autore e del lettore, è questo il tertium? Ricompare il problema dell'arbitrario. Esso non si sca­ valca se non si abbia il coraggio di fame una categoria o meglio un passaggio della lettura analitica. Bellemin­ Noel suggerisce una «chiave» o «serratura» nei rap­ porti fra psicoanalisi e retorica (con l'antecedente, del resto, di Benveniste). Una «retorica dell'arbitrario», per questi riguardi, è ancora da costruire. Giuliano Gramigna 179 '

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