Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

si intende l'attuazione pratica ed in toto oppure la dif­ fusione come idea dominante (e quindi lo scadimento a ideologia?) di un'utopia. Se ci si accontenta di qualche analogia di struttura con il secondo libro del Libellus vere Aureus nec minus salutaris quam festivus de optimo reipublicae statu dè­ que Nova insula Utopia 2 , qualcosa rimane in mano; una serie di opere che hanno una loro rete di relazioni fatte in mano; una serie di opere che hanno una loro rete di relazioni fatte di imitazione e di ispirazione; e che descrivono una società . « diversa » con pretese di completezza e con l'ammfasione della sua inesistenza nel momento in cui il libro è scritto. In questo senso, l'utopia è più il contrario che il simile al sogno. Sogno della ragione, se si vuole; dove i desideri . sono dichia­ rati una volta per tutte alla base del discorso; e a questa base è garantita una durezza preziosa, una per­ fetta assenza di doppi fondi. Su di essa si costruisce un verosimile che, come la tragedia rispetto alla storia, ha da essere più verosimile del reale, o della stoda. La !>toriografia può contenere domande senza risposta, problemi di origini misteriose; l'utopia no. Il criterio fondamentale è la perfetta compatibilità degli elementi della macchina: senza attriti, senza problemi di termo­ dinamica, senza tempo, senza storia, senza sogni signi­ f icativi, · dunque. Anti-sogno perché i criteri di compa­ tibilità, di proporzionalità, di simmetria, d'adegua­ mento del percepito all'intelletto sono ancora più ri­ stretti che nella veglia storica. Il sogno ci svela più grandi e più piccoli, più morali e più immorali, più servi e più padroni; strumenti-protagonisti di un pas­ sato o di un destino. Utopia invece è l'unico vero reale libero da interventi divdni, da eterogenesi dei fini; a collocarsi in utopia, la storia diventa sogno dove tutto è senza proporzioni, ogni cosa emerge alla coscienza come un mostro senza origine, ogni atto, di sovrano o 147

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