Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

codice venga abdotto tramite il segnale. Queste consi­ derazioni dovrebbero porre in maggior luce la strettis­ sima relazione che unisce il processo ora schematizzato con quello di elaborazione secondaria e più in generale, con riferimento all'attività razionale dell'Io; all'intero processo secondario. Ogni apprendimento, nel più esteso senso del ter­ mine, è allora rappresentabile come un automessaggio, proprio in seguito all'attività strutturante dell'Io, atti­ vità che possiamo ritenere svolgentesi, di norma, nella sfera preconscia. In questo senso il ricevente si presen­ terebbe a sua volta come emittente di un automessag­ gio; e vale forse la pena di notare, di sfuggita, che que­ sto schema potrebbe rendere conto di casi per così dire ambigui di comunicazione, come quelli relativi alla frui­ zione del testo letterario o dell'opera d'arte in generale. In sintesi, si potrebbe ipotizzare che la misura della comprensione del «messaggio» dell'opera d'arte - è in funzione del suo rapporto con l'automessaggio che ne deriva: e cioè in funzione delle possibilità di decodifi­ cazione e ristrutturazione del messaggio da parte del r:icevente ai fini della costruzione di un automessaggio: automessaggio che resta pur sempre, anche se stretta­ mente dipendente dal messaggio, altro rispetto al mes­ saggio. Possiamo ora chiarire meglio quanto abbiamo detto più sopra in merito all'interesse paradigmatico della elaborazione secondaria: questa si presenta - nello ambito dell'assunzione di un modello comunicativo in­ trapsichico - come decodificazione di un segnale che rimanda ad un messaggio inconscio, e in quèsto ambito l'at-tività del ricevente è, per così dire, analizzabile allo stato puro, proprio in quanto l'emittente è per defini­ zione inconscio, così come inconscio è il codice (del quale potremmo dire tutt'al più che si tratta di un co­ dice non isologo, con tutti gli interrogativi che ciò 115

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