Il piccolo Hans - VI - n. 23 - luglio-settembre 1979

a noi come due esposizioni del medesimo contenuto in due lingue diverse» delle quali bisogna imparare « se­ gni e regole sintattiche» (L'interpretazione, p. 216); se­ nonché queste « due esposizioni» non formano una pie­ tra di Rosetta, ma due iscrizioni etrusche, entrambe intraducibili. C'è anche, nell'interpretazione psicoanalitica, un aspet­ to ermeneutico: · l'analista . che, difronte al testo onirico, tenta di riconsiderare l'intera organizzazione del conte· nuto veicolato dal sogno, ricorda il critico letterario che scandaglia le ambiguità dei messaggi a funzione poetica. Ma accettare questa funzione analista=ermeneuta, a di­ scapito di quella analista=terapeuta, significherebbe tra­ sformare in 'opera aperta ' il sintomo nevrotico, vanifi­ cando la semeiotica medica nella semiotica generale. Da quanto detto finora consegue l'inopportunità di definire 'interpretazione' l'approccio psicoanalitico al so­ gno: esso rappresenta piuttosto, almeno nel primo Freud, un tentativo di ' cartografare ' il mondo (linguistico) del paziente 4; le parole del sogno verbalizzato sono gli sti­ moli a cui il paziente risponde con la costituzione di un 'paradigma ' (sogno latente) che rappresenta una sorta di sistema della competenza (affettiva) linguistica del sognatore. Del procedimento reale del metodo in Freud « Il contenuto del sogno è dato per così dire in una scrittura geroglifica, i cui segni vanno tradotti uno per uno nella lingua dei pensieri del sogno» (L'interpreta­ zione, p. 261). E cioè: ogni elemento pittorico del sogno ( = ogni sema del sogno verbalizzato o trascritto che vada considerato s�manticamente'concreto ', ossia dotato di referenzialità) va proposto come parola-stimolo al so­ gnatore il quale, mediante libere associazioni, fornirà delle 102

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