Il piccolo Hans - anno VI - n. 22 - aprile-giugno 1979
la possibilità per una proposrn1one di [1iferirsi riflessi vamente a se •stessa, ·sembra che si sia condotti a cri tioare l'equivalenza aristotelica VX = p e, con questa equivalenza, la concezione tradizionale della verità come « corrispondenza con la realtà ». E' la condusione che, interpretando la discussione degli lnsolubilia fatta da Giovanni Buridano, un logico moderno crede di poter tra111re: « si ha gran bisogno di alternative alla teoria della verità come cor. risponden2la allo scopo di rendere conto dei paradossi semantici, che sono in definitiva dei sÌ!ntomi logici del carattere profondamente inadeguato di questa teoria » ZI. In quest'ç>ttica, chiunque accetta, con Tarski, la concezione aristotelica della verità, deve rifiutare .d'ammettere le proposizioni riflessive, e chiun que al contrario amme1te queste proposizioni, deve ri- · fiiutare la concezione aristotelica. - lo non condivido del tutto questo modo di vedere, ma, in una prospet tiva euflistica, può esse:rie utile acoettarlo provvisoria mente. 2.22 La concezione aristotelioa della verità è · ade guata fintanto che ci si oocu.pa di proposizioni ohe non sono autofia:1silica-trici; si può dunque mantenere que sta definraione, a condizione di stabilirne esplicitamente i limiti, in modo da prevenire la sua applicazione alle proposizioni autofalsificatrici. Un tale emendamento della defini2lione aristotelica, volto a esplicitarne i li miti, è proposto da Giovanni di Celaya: (C) « La proposizione vera èl una proposizione che non si falsifioa, e che significa che le cose stamno c9me sono » 28 • Si dia una proposizione X di significato p: se que sta proposraione non è ·autofìalsificatrioe, allora, se quelio che significa (p) corrisponde, es•sa è vera. Ciò che si scrive: JJ-7VX. Ma se questa proposizione è auto fulsificat:r-ice, allora non ne consegue, se ciò che signi- 119
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