Il piccolo Hans - anno VI - n. 22 - aprile-giugno 1979
o insensato d'U!l!a sequenza verbale (almeno nel linguag gio OI'dinario) è una questione empirfoa: ,si tratta di sapere ,se, di fatto, coloro che si ,servono del Hnguaggio ci capiscono qualcosa o no » 25 • A questa domanda i medioevali rispondono in modo affermativo: la rifles sività è possibile e· rea}e nel discorso ordinario. 2.21 Le proposizioni « insolubili » sono proposizioni valide, non ,solamente, come d i cono i restringentes con tro i cassantes, s·e di esse 1 si dà una interpretazione non-riflessiva, ma anche � questa volta cont, ro i restrin gentes - se ·si dà un'interpretazione riflessiva. Come spiegare allora che queste prnposizioni, se sono va:lride, fanno nascere dei paradossi, appena si teniti di stabilire il loro vialore di verità? Secondo Aristotele, una proposizione X di signifi oato p è vera · se e solo - se p. Una proposizione che significa ,che l'uomo esiste è vera se e solo se l'uomo esiste u_ Si soriverà questa ·equivalenza nel modo se guente: VX == p. Si dia orn una proposizione che « sri falsiliica »: la proposizione B, ,la quale significa che B è falsa (ciò che si scriverà FB); (B) FB Se si applica l'equivalenza adstotelica VX == p alla proposizione B di significato FB, si ottiene una formula ina c cettabile, perché incompatibile con la legge del terzo escluso: VB == FB - o ,anoo:ria: la proposizione B è vera se e solamente se la proposizione B è falsa. Nella misura in cui 1. · questa conclusione pwados� sale è inammissibile, e 2. non si mette in discussione 118
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