Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

Viviamo la metà dei nostri giorm m compagnia delle ombre della terra; il fratello della morte 1 ci prende un terzo della nostra vita. Una buona parte dei nostri sonni sono inframmezzati da visioni, oggetti fan­ tastici da cui siamo apertamente ingannati. Il giorno ci provvede di verità, la notte di falsità e finzioni che inquietano e dividono lo stato naturale dei nostri esseri. Sì che, avendo trascorso il giorno in ragionevoli lavori e razionali indagini intorno alla verità, ci accade poi di trovarci condotti in una tale posizione dell'essere in cui anche le menti più lucide hanno compiuto le più incredibili stranezze della melanconia; cose che da svegli ci paiono non diverse dalla pazzia. Felici coloro che vanno a letto con nelle orecchie la musica solenne, come Pitagora; o che sanno come quietare l'immaginazione che nel sonno si sfrena in disordinati vaneggiamenti, riempendoci la testa di vi­ sioni di S. Antonio, o affollando dei sogni di Lipari 2 le assennate stanze del riposo. I retti pensieri del giorno formano una buona ri­ serva per la notte, in base ad essi le impressioni di forme irreali si risolvono in analogie veritiere, accet­ tabili dai nostri io dormienti, e preliminari alle impres­ sioni divine: per questo il sonno di Solomone era fe­ lice. Così preparato, Giacobbe poteva giustamente so­ gnare gli angeli su un cuscino di pietra, e il primo sonno di Adamo deve essere stato il migliore di tutti quelli che ebbe dopo. Aristotele 3 irragionevolmente dubita dell'esistenza di sogni divini. Di sogni demoniaci non abbiamo ra­ gione di dubitare. Perché dunque non ci dovrebbero essere sogni mandati dagli angeli? Se ci sono degli spiriti che vegliano su di noi, non staranno inattivi mentre dormiamo, ma potrebbero talvolta intervenire nei nostri sogni; molte strane allusioni, molti suggeri­ menti, o scoperte, che ci paiono tanto straordinarie 77

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