Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978

dell'episodio ongmario, iscritta nel romanzo sotto le specie della ciclicità e della dilazione a termine: ma costituisce anche, come si è visto, il tessuto dei rapporti fra i protagonisti nel senso in cui, nella prima fase, è la duchessa ad applicare espedienti dilatori che tutta­ via, data la posizione contraddittoria da essa occupata, determinano una sorta di movimento stazionario, uno sterile andirivieni, un'opera di costruzione-distruzione che assimila il rapporto ad un « ouvrage à la Péné­ lope» 70 , mentre nella seconda, in cui tocca a Montri­ veau « condurre» il gioco, la strategia dilatoria del protagonista, pur essendo sempre sul punto di riuscire - inconsapevolmente - vittoriosa, è in realtà siste­ maticamente frustrata dal · « contrattempo», dal ritardo. Ora, tale ritardo sembra fare tutt'uno con il caso in almeno tre occasioni: l'assenza di Montriveau nell'epi­ sodio dell'invio della carrozza, la nuova assenza del protagonista quando Antoinette decide di recarsi per­ sonalmente da lui e infine la sua assenza all'ultimo appuntamento. Se quindi, a livello testuale, l'ineffica­ cia della tattica usata da Antoinette dipende dall'anti­ cipazione angosciosa della propria sventura - ad un tempo freno e strumento della passione e dunque del realizzarsi stesso di quel destino - l'insuccesso di Mon­ triveau si configura in modo simmetricamente opposto come inadeguatezza prospettica, come scava1camento del soggetto da parte delle circostanze, come ritardo. Ed è significativo che, all'ultimo appuntamento, il ri­ tardo stesso, proprio attraverso la sua natura banal­ mente meccanica - l'errore di una pendola - mentre sembra garantire la virtuale irresponsabilità del prota­ gonista, ribadisca con l'autorità inerte ed irrefutabile dei fatti, o di una denegazione, la sua inerenza costi­ tutiva a tale struttura, tramandando e perpetuando una condizione di échec che, contenuta germinalmente 56

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