Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978
dell'episodio ongmario è ambiguo e appartiene esclu sivamente alla dimensione del récit. Dell'histoire entra a far parte solo attraverso il sogno di Antoinette e alla sua presa di coscienza finale. Pertanto, esso appartiene ad una sorta di memoria comune, di origine incerta, ohe il lettore - e Balzac - condividono con i mon dani del faubourg, ma da cui Montriveau, che ne è l'unico autentico protagonis_ta, è escluso, in quanto rap presenta il luogo stesso della rimozione. In modo solo apparentemente paradossale, ma in realtà per un vero e proprio fenomeno di riattivazione, il meccanismo ri petitivo scatenato dall'episodio originario - e di cui Montriveau diverrà la vittima inconsapevole - viene messo in moto per interposta persona, o, meglio, per sogno interposto, da Antoinette. Di conseguenza, nella prospettiva di quest'ultima, il «cauchemar (...) déli cieux» si trasforma in puro e semplice cauchemar, il sogno diviene contro-sogno, e non solo perché diviene incubo, ma perché si fa concretamente storia. Analo gamente, il tempo diventa contro-tempo, e non solo perché è un tempo vuoto, tempo dell'attesa vana e del l'assenza, ma perché alla struttura della dilazione, del futuro pur sempre possibile, della speranza sebbene frustrata, si sostituisce quella del ritardo, del futuro tradito, del contrattempo fatale. ,Lungo tutto il romanzo, l'elemento temporale è or ganizzato con estremo rigore e costituisce l'essenza stessa della relazione all'altro, la sua «ragione» più profonda ed insistita. Ora, dietro la scrupolosa regi strazione della cronologia obiettiva e, per così dire, spa zializzata - le ore del rituale mondano con i suoi luoghi privilegiati, il salon, il boudoir, la promenade, ecc., e i suoi strumenti, l'onnipresente (ed onnipotente) pendule - la temporalità si manifesta con i caratteri della ripetizione, nel duplice senso della dilazione e del ritardo. Non a caso, essa costituisce la matrice stessa 55
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