Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978
l'orizzonte di necessità in cui esso si inscrive, così come la premonizione non è che la percezione di tale oriz zonte senza tuttavia la chiara visione delle condizioni intermedie necessarie alla sua realizzazione. In questo senso, lungi dal costituire un semplice espediente in teso a « laisser le lecteur en suspens jusqu'aux derniè Tes pages » 2, il sistema coniugato della fine interrotta e del retour en arrière obbedisce ad un'istanza precisa: quella di mostrare nella reciprocità inversa degli itine rari dei protagonisti il principio dinamico latente che !Ìndirizza la loro avventura, attraverso un complesso di mediazioni e di ostacoli che nella struttura della temporalità trovano la loro giustificazione ultima. Ora, ne La Duchesse de Langeais, la temporalità è presente non solo nella dimensione di un passato ri scattato da ogni contingenza ma, originariamente, in uno schema archetipo che sottende l'intero racconto impo nendogli la propTio durata. Tale schema è quello del viaggio: il capitolo iniziale e quello finale espongono in due tempi le peripezie di Montriveau per trovare e quindi strappare la donna amata da 1 I suo esilio reli gioso; al loro interno, altri due capitoli, destinati a spiegare la ragione « qui avait déterminé la situation respective où se trouvaient alors les deux personna ges >> 3, ripercorrono le tappe di un itinerario sentimen tale il cui inizio e la cui motivazione profonda sono costituiti a loro volta da un viaggio, avvenimento reale e fantasma onirico che promuove e ordina il rapporto fra i due protagonisti e il divenire dell'intera vicenda. Lo statuto di questo viaggio originario, la spedizione africana di Montriveau e in particolare l'escursione alle fonti del Nilo, è assai peculiare: esso è, nel rac conto, solo un ricordo, ma - ciò che più conta - un ricordo altrui, memoria sociale e sogno privato, della cui poesia si nutrono la curiosità dei salotti parigini e la fantasia di Antoinette de Langeais, ma da cui il 29
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