Il piccolo Hans - V - n. 20 - ottobre-dicembre 1978
un linguaggio che, per dir così, non prendE: mai terra. Esso non ha contatto con la realtà effettuale, con i «fatti», per usare una formula sbrigativa; ma nello stesso tempo non arriva a «simbolizzare». Non risulta neanche un autentico discorso pedagogico; non vi tra spare quell'amore pietrificante che è l'«amore del ti ranno» - lo Stato-Padre che solo sa scegliere con ter ribile amorevolezza vita e morte per i suoi soggetti. Privo di corpo e di auctor, si prolunga in circolo chiuso attraverso le infinite glosse di se stesso, al di fuori, al di là delle teste e dei ventri; è un cerimoniale che, a parte ogni opinione politica, mostra di non sostenere, e di non sostenersi su nessun senso che non sia la sua propria cerimonialità. Nasce il sospetto - per chiuder ancora con Kraus - che «gli avvenimenti non avven gano più, ma che i clichés continuino a prodursi automaticamente». Giuliano Gramigna 183
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