Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978
mento delle forze produttive, sono stati quelli in cui più intenso (anche se magari ((apparentemente)) meno brutale e degradantei era il saggio di sfruttamento del lavoro, dunque l'espropriazione reale dei produttori, con la conseguente riproduzione di rapporti capitali stici di produzione secondo il già considerato movimento ,dell'approfondimento. Quanto alla fondazione del concetto di lavoro social mente necessario con riguardo alla domanda (pagante), si pongono grossi problemi relativi al nesso produzione.. circolazione, che non possono essere affrontati in questo breve saggio. Tuttavia mi preme sottolinea!'e come la possibilità che le quantità di lavoro erogate nei vari settori produttivi non corrispondano alle quantità ne cessarie a produrre quei dati beni in misura corrispon dente alla loro dom'-'l.nda, voglia porre in luce la discre panza che, nella soci.:�tà capitalistica, sempre si verifica tra produzione e consumo (sia produttivo che non pro duttivo). Pensare, p<::rò, che in quest'ambito si situi la possibilità stessa di una definizione esaustiva del concetto di lavoro socialmente necessario, significa, di fatto, confinare Marx nel medesimo «campo» d'analisi dell'economia politica borghese {e considerarlo, maga ri, un anticipatore d� Keynes), significa ·ridurre la mar xiana teoria delle crisi alle tesi della sproporzione dei settori e del sottoconsumo. Il lavoro socialmente necessario va invece ridefinito a partire dal «bisogno » ,di valorizzazione del capitale. E' allora indispensabile, come già detto, problematizza re e accentrar,e la propria attenzione sul nesso esistente tra il processo di produzione del capitale in quanto tale e la sua necessaria frammentazione (empirica) nei pro cessi produttivi dei singoli capitali operanti al livello della circolazione e della distribuzione. Altrimenti non si capisce come mai Marx abbia parlato della distribu zione, dello scambio, del consumo come momenti «in- 94
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