Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978

586) e quindi « il lavoro universale sociale» (op. cit., p. 586). Il movimento oggettivo del capitale giunge al punio :in cui « il lavoro in forma diretta oessa di essere la grande sorgente di ricchezza, il tempo di lavoro cessa e deve cessare di essere la sua misura, e quindi i.J. valore di scambio la misura del valore d'uso. Il surplus di lavoro delle masse cessa di essere la condizione per lo sviluppo della ricchezza generale, così come il non la­ voro dei pochi la condizione per lo sviluppo dei poteri universali del cervello umano. Allora la produzione ba­ sata sul valore di scambio crolla, e la produzione di!I'etta materiale è liberata dalla forma di penuria ed anti­ tesi» (op. cit., p. 593). Il « pedinamento » dello svolgimento oggettivo da parte di quello soggettivo culmina così nella contrap­ posizione tra un'astratta e generale industriosità, gene­ rata e fissata dallo sviluppo storico nella specie, - e un capitale fisso che col proprio sviluppo « indica a qual grado la conoscenza generale sociale sia divenuta una forza diretta di produzione, e a qual grado quindi le condizioni del processo della vita sociale stessa siano venute sotto il controllo dell'intelletto universale e siano state trasformate in conseguenza. A qual grado i poteri della produzione .sociale siano stati prodotti, non solo in forma di conoscenza, ma anche come organi imme­ diati della pratica sociale, del reale processo di vita » (op. cit. p. 594). A questo punto a liveHo di filosofia della storia il processo oggettivo si è talmente soggettivato e quello soggettivo oggettivato, che, da un lato, ogni funzione disciplinare sulle forze di produzione, « diviene super­ flua e gravosa» (op. cit., p. 318), e, d'altro canto, il lavoro pare relegato dalle macchine a marginale « Da­ sein» (op. cit., 593). Certo è lecito domandarsi: la situazione di equilibrio così determinata e così deli- 64

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