Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978

Sottolineare quest2 relazione è estremamente impor­ tante perché significa riservare tale funzione rivoluzio­ naria al proletariato delle nazioni capitalistiche avan­ zate, e negarlo sostanzialmente, metniamo, al Terzo mondo, alla cui ,emancipazione eventuale non corrisponde tale industriosità e alla cui possibile carica rivoluzio­ naria non corrisponderebbe quindi un identico grado di progressività, e la capacità di far proprio il contenuto universalistico capitalistico. Già Engels, prendendo in considerazione un'ipotesi analoga, affermava che al fine di un socialismo moderno ·« è necessaria l'esistenza non solo di un proletariato che effettui tale rivolgimento, ma anche di una borghesia nelle cui mani le forze pro­ duttive sociali devono essersi sviluppate tanto da per­ mettere la soppressione definitiva delle differenze di classe». Solo in tale caso « l'abolizione delle differenze di classe costituisce un progresso reale, che può essere durevole, senza condurre alla stagnazione o addirittura all'arretramento nel modo di produzione sociale» (So­ ziales aus Russland, 1875). E analogamente Marx attac­ cava Bakunin imputandog,li di una rivoluzione sociale « al livello delle popolazioni agricole o di pastori russe o slave, che non vadano oltre questo liv-elio» (Konspekt zu Bakunins Staat und Anarchie) {entrambi i passi ci­ tati da Fetscher, 3, pp. 156-7). Al movimento deìla .soggettività pura spetta quindi di portare a termine il compito posto dall'oggettività capitalista, l'universalità, e questo è possibile soltanto in quanto il movimento della soggettività, storicamente la classe operaia - « fissi» tale esigenza di universa­ lità - in sostanza il lavoro come bisogno in sé - in modo da renderla indipendente dalla coercizione og­ gettiva, vale a dire « interiorizzi» tale aspirazione alla universalità insita nel meccanismo capitalista, e messa in moto dal cattivo infinito dell'insaziabile caccia al profitto. 61

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