Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978

« jury » ·tramite persone sorteggi<aJte per l'ascolto di u n a testimonianza resa sulla rproprùa analisli, il resoconto di ·tale testim o nianza. La cosa sembrerebbe molto sem­ plice: .si triaUJerebbe, :im. questo caso, per l'analizzante­ analista in formazione, di 1arriviare a quel JivelJo didat­ tico che consente al suo ana1ista di diTe un ·« sì» alla passe. Ma, in :realtà, la questione della passe si colloca, profondomen1Je, in seno :alla questione de11a trasmis­ sione della psicoanalisi. ,E wa ·sua formula, quale si trova attuata nell'Ecole Freudienne, significa che qual­ ooSia, dell'analisi !individuale, passa nel.la rteoria, che qualcosa di un soggetto può essere trasmesso come in­ segnamento ad altri ·soggetti. Diviene allora chiaro che a · « passarre », ad essere promossi dal jury, non possono essere degli -anali J Sti in formazione che .ancora non hanno oontribuito « all'av­ venire della psicoanalisi», e neanche , tout court degli ana­ listi, ma solo degli analisti che con i.I ilavoro teoa:-ico e l'esperienza del1a pratiica abbiano dato « un contributo effettivo aH'avanzamento della teoria psicoanalitica ». Quegli analisti appunto di cui Lacan dice che 1« non gli interessa più ,sapere » che cosa diavolo pensino del passaggio ad essere analisti 1e che, tutto ,sommato, pos­ sono benisSIÌmo farie �, meno di quel « truc » focoJtativo che ,è 1a passe. Avvi,ene doè per l'analista che ha 1anco11a run occhio al riconoscimento, ciò che avviene in 1 ainalisi, quando Ja speranza dell'anaHzzante di sape11e ,se tè isterico o osses­ sivo ,è giocata dai! fa.:to che, ,arniViato forse ad essere in grado di ,soddisfarla, ha ·smesso da tempo di poiire e di porsi tale domanda, poiché ormai !Della sua analisi sono eme11se , le struttuiie più decisive .date dai srigrrrificanti. In questo contesto, emerge qualcosa ,anche a propo­ sito della frase: •« l'analista si autorizza da sé ». L'anali­ sta, appunto. Nel senso che, rula fine dell'analisi (fine 162

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