Il piccolo Hans - V - n. 19 - luglio-settembre 1978

che è stato a sua volta espulso dal sistema da Glouce­ ster e s'è travestito da pazzo. In quella fi gur a non culturale, simulacro e non segno, Lear « v,ede» l'ani­ malità dell'uomo, il suo grado zero sotto gli addobbi illusori della 5egnicità di run 1sistema culturale; e Ja smania comparativa si sgretola sul versante della non significanza: 98-105 Thou wert better in a grave than to answer with thy uncovered body this extremity of the skies. Is man no more than this? Consider him well. Thou owest the wo 1r m no silk, the beast no hide, the sheep no wool, the cat no perfume. Ha! Here ' s three on' s are sophisticated. Thou art the thing itself! Unaccomo­ dated man is rio more but such a poor, bare, forked anima! as thou art. Off, off, you lendings! Come, unbotton here. Si spoglia, ,esce definitivamente dal sistema, passa nel territorio della follia. Il King Lear di Shak:espewe lè dunque la parabola t:riagica del frantumarsi del sistema segnico medievale­ rinascimentale che, precariamente, reggeva ancora l'or­ dinamento del mondo nell'epoca ,elisabettiana. La « grande catena dell'essere» che garantiva il signifioato di ogni e1emento nel nome della sua collocazione, dal- 1'empireo al mondo sublunare (umano, animale, vege­ tale, minerale), comincia a smagliarsi vistosamerute. L'identità per comparazione segnica, nella chiave ana­ gogica di un indiscusso e totalizzante modello ontolo­ gico del 11eale, ,entrava in crisi, in maniera emblema­ tica, nella figura di un re espulso dalla grande scac­ chiera verso la follia e il nulla. Il mondo diventava un palcoscenico di folli. Si veda la battuta di Lear in IV,6, 183-4: When we are 'born we cry that we are come To this great stage of fools. 143

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