Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

non consegna Giuda alla storia come discepolo del verbo sprofondato nell'infamia delle infamie, delatore ufficiale dell'incarnazione storica. L'eresiarca senza nome leggeva-scriveva Giuda come protagonista dell'ordine in­ feriore, specchio dell'ordine gerarchicamente superiore; le macchie sulla sua pelle di suidda erano più di una carta di costellazioni, come invece risulta in J .L. Bor­ ges 4 • ,L'anonimo citando Isaia LXUI, 1-2 «disperato come 'l'ultimo degli uomini, uomo di dolori, esperto ,di affli­ zioni, · non c'è in lui forma, né bellezza alcuna» vede in Giuda il Messia reso ìlleggibile per l'assenza di for­ ma, ma con connotazioni fisiologiche negative congiunte alla sua deformità morale. I predicati che determinano l'attante-attore Giuda non rientrano nella vistosa serie satanica, nell'iperbolica serie delle profanazioni. La simbolica e apparente non­ congiunzione del Verbo con Giuda si muta in questo testo nella non disgiunzione tipica della cultura se­ gnica 5 • La cultura biblica, simbolica, nelle traduzioni, si iscrive nella linearità metonimica che per scarti pro­ duce la grande metafora dei limiti dell'oggettività sve­ lata. ·La lingua materna non viene sfigurata; nel corpo materno s'ingloba la contraddizione disseminata lungo l'asse dell'essere e dell'apparire; il romanzo picaresco in inglese nasce (The Unfortunate Traveller) parallelo alle traduzioni bibliche, nello spazio della verità-ogget­ tività mitiche originarie. L'infedeltà si cancella nell'or­ dine dell'Altro; il rogo non è che 'la nostalgia attroce della chiusura nella verticalità simbolica gerarchizzante e gerarchizzata. Ma l'anonimo stabilisce anche un rapporto di equi­ valenza tra «cielo e - inferno», tra il «suicida e la vit­ tima sacrificale», tra il «traditore» che permette al- 95

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