Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

inerte d'adattare il problema al discorso, la memoria nella facile cadenza con cui dl già detto fa sapere quello che serve al caso. L'indugio e le poche parole che qui si possono spendere sono per un ragionamento attorno all'agire delle « avanguardie intellettuali» in «direzione rivoluzionaria». L'obbligo del si­ lenzio mi sta bene per « tutte le sciocchezze delle eterne avan­ guardie sulla infrazione verbale come strumento rivoluziona­ rio»; e volentieri rinuncio al ragguaglio ingeneroso su certe fonti adorniane di quelle sciocchezze. Della memoria questa volta tento non una complicità, ma un incentivo: fermo in un appunto, per dovere di brevità, quel ragionamento sul lavoro intellettuale che rappresenta la critica delle istituzioni e dei linguaggi e le tecniche della parola e dell,a comuncazione �n una prospettiva di trasformazione. « Già da oggi, quando un intellettuale muore nei combattimenti rivoluzionari non muore davvero in quanto intellettuale. [...] Come '1a classe operaia testi­ monia del proprio diritto e della propria volontà alla gestione sociale della produzione non solo spezzando le macchine ma soprattutto decidendo di fermarle o di rimetterle in moto a proprio criterio, così l'intellettuale che si rifiuta come manda­ rino non afferma la propria appartenenza alla classe lavoratrice cessando la propria attività, se non quando tutti la cessano per­ ché si prendono le armi; ma la ,afferma invece continuamente sot­ toponendo a critica e a trasformazione le forme e gli spazi (isti­ tuzioni e linguaggi) che 'la società capitalistica offre al suo operare. L'attività dell'intellettuale che è stata quella, storica, di 'specialista della negazione', può anche essere quella di pro­ durre delle 'positività ' che contengono in sé la propria nega­ zione. <Durante la seconda guerra mondiale gli americani pro­ dussero in cemento delle navi da trasporto, 1e Liberty, ed era già stato preventivato quante di essere sarebbero state affon­ date dagli U-Boote tedeschi prima di giungere in Europa. Le chiamavano 'navi buone da affondare '. Gli uomini-tecnici della parola e della comunicazione, gli intellettuali e i docenti, gli scrittori e gli artisti debbono fabbricare con tutta la loro sa­ pienza delle perfette Liberty, delle naw. da affondare, poche delle quali , riusciranno a varcare l'oceano di una trasformazione rivoluzionaria». Il ragionamento e la proposta, che trovo con­ vincenti anche per la praticità e la concretezza con cui entrano nel presente (« già da oggi», « oggi») e dove stiamo («Questa è, nella sostanza, la condizione nella quale si trovano a operare le avanguardie intellettuali in Italia, se intendono agire in dire­ zione rivoluzionaria»), sono di Fortini: Intelletuali e Nuova Sinistra (1972), in F. Fortini, Questioni di frontiera, Torino, Einaudi, 1977; e così l'accenno alle tante sciocchezze dedicate all'avanguardia è preso da Poesia e antagonisma (1977). Nel 91

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