Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

fatta più profonda e ha assunto contorni distinti la ragione per cui si dichiara e si rifiuta il potere della normalizzazione e dell'esclusione. Certo, non è solo una questione di linguaggio; ma è singolare - e impone a noi doveri d'analisi e di scelta - l'evidenza con cui, al momento, divisioni, rapporti di forza, pratiche ed effetti di potere e di dominio attraversano tutto il campo - la molteplice natura - della parola e della scrittura. Tradurrei questa evidenza nella figura di una grande diglossia, figura che si può anche delineare da quanto lo studio dei liil!guaggi e delle scritture ha già svolto in interpretazione di momenti e di testi. La tentazione è di parlare di quella « riserva di un dire sottratto alla simbolizzazione» ultimamente distinta e rappresentata con sicurezza da Stefano Agosti. Ogni connotato sembra adattarsi naturalmente all'energia disorganica e incom­ piuta di cui qui ci occupiamo, a questo linguaggio sottrat­ to e disperso. Sembra trattarsi anche qui di un dire « più modulatorio che articolatorio, più personale che collet­ tivo, pre-grammaticale, coinvolgente totalmente il sog­ getto nel suo rapporto alla realtà» 3 • Solo che la sot­ trazione di cui noi parliamo è azione e struttura di potere: e forse non è un mancare alla simbolizzazione, ma un essere privato di capacità e d'attualità nel co­ municare, un non avere rapporto, se non nel cedere all'esclusione e all'ordine, è un dire che manca o cede (uniformandosi e per essere mortificato e represso) alla sirn:bolizzazione «ufficiale», certo alla « lingua ufficia­ le» indicata da Agosti, ma qui affrontata come sistema di rapporti sociali e di dominio. ,Biù lontano da questa nostra situazione è il concetto di « ordine semiotico», come lo propone e lo svolge, particolarmente nell'analisi del linguaggio poetico, Julia Kristeva. Designazione e concetto cui invece si avvi­ cina, con indiscutibile rigore, Agosti in quel suo studio 83

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