Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

un'invenzione e una sovversione collettive di atteggia­ menti (e di rapporti di comunicazione), come nel caso, per esempio, degli indiani metropolitani: qui si dice semplicemente la sofferenza (« dentro sono lacerate») e la persuasione di un'energia inorganica, oscura, in­ compiuta - quel linguaggio che si nega, ed è impedito, scompaginato dal potere. E per dire questo si ricorre proprio al codice e alla normalità, non si temono né si risparmiano concessioni all'uno e all'altra: anche in cadenze come quel « non ci vergogniamo», e « il nostro vissuto» e le « mistificazioni del potere». Ma proprio il gesto senza riserve e cautele, la resa a discrezione del discorso, nel . dire che si vuole resi­ stere, che non si vuole avere « niente di preconcetto e definito» per lasci�re il « massimo sviluppo» a quel!'energia, proprio questo testimonia - e fa quasi pre­ senti - il corpo smembrato, la vita non rappresa di quel linguaggio, nell'atto e nella necessità di cedere per affermarsi, almeno per dare attestazione di sé. Allora la dichiarazione, così for!llata e circostanziata, conserva - nonostante tutto, e contro tutto quello che si dice « in una parola» - la convinzione di quell'energia e della sua sottrazione: come testimonianza vale e ha peso quanto momenti ed ev· enti linguistici che, oggi, aprono e sovrastano il brusio anonimo, confuso, disper­ so e incontenibile: e saranno parlate e giochi di ri­ serve e aggregazioni metropolitane, e parlate assem­ bleari (in spontanei ge11ghi, tenuta e deperimento del- 1'artificio, promiscuità) e segni, figure, locuzioni, fisio­ nomie, fogge, graffiti, fogli e stampe dell'emarginazione, parole e forze comunicative relegate, ma non alla mac­ chia, parole e confusione di parole, rumore come un linguaggio, rumore di linguaggio, eme11gente, dissemi­ nato. L'indizio incontrato dice, in particolare, che la sottrazione continua e la sostanza e il fulcro dei rap­ porti e del dominio non sono stati intaccati: ma si è 82

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