Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

vulgata, facciamo per opera di Sartre, per il quale la letteratura (come impegno), una volta, non è altro che prosa, un universo « incomunicabile » con la poesia, e vuol dire appunto - come anche nell'introduzione di questo libro si vuol dire - linguaggio-designazione delle « cose del mondo », gesto, arto, intervento nelle cose. « Quando si èJ in pericolo o in difficoltà - diceva Sar­ tre - si dà di piglio a qualsiasi strumento. Passato il pericolo, non ci si ricorda nemmeno se era un martello o una clava. E del resto non lo si è mai saputo: occor­ reva semplicemente un prolungamento del nostro corpo, un mezzo di stendere la mano fino al ramo più alto; era un sesto dito, una terza gamba, insomma una fun­ zione che abbiamo assimilato. Lo stesso è del linguag­ gio. » E poi: « V'è la parola vissuta e la parola incon­ trata. Ma in entrambi i casi è nel corso di una azione, o mia sugli altri, o degli altri su di me. La parola è un certo particolare momento dell'azione e non si ca­ pisce al di fuori di questa » 1 . Qui, dall'operaio Ferruccio Brugnaro, si fa una di­ stinzione, niente più di una stima del lavoro, a bene­ ficio della letteratura, la quale non è azione così diretta. La distinzione, non intenzionale ed entrata per caso in quest'ordine di richiami, arriva però a datare irrimedia­ bilmente il discorso di Sartre, a rammentarne la sto­ ria, come tragitto e necessità d'autoaffermazione e smen­ tita nel sistema della produzione e del consumo per ogni parola sull'impegno e dell'impegno. Anche per le parole appena lette e per questo testo di « poesia ope­ raia», che comunque per smentirsi adopera una · sua innocenza non sprovveduta, e rappresenta, oltre gli oriz­ zonti consunti dell'impegno, una contraddizione più pro­ fonda nella semplicità di un gesto senza mediazione e senza storia: profondità e semplicità che sono per noi materia di riflessione. Si legge, dunque, nella nota di Andrea Zanzotto: « Troppo profondo è il suo impegno 77

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