Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

un figlio. Fare di Orlando un innamorato, anzi l'inna­ morato, e per di più di una pagana - osseriva Aldo Sca-­ glione in una sua nota all'edizione del poema (UTET, 1974, p. 190) - denota un'« audacia rivoluzionaria» da parte di Boiardo. « Tuitavia - egli aggiunge - Orlando rimane eroe inesperto d'amore, cavaliere in cui l'amore non è già irrequieta bramosia sensuale, ma omagigio de­ voto e tenace ad un perfetto ideale». « Oh quanio se a battaglia meglio accetta Che d'amar donne quel baron soprano!» commenta Boiardo (I,III,71,3/4). Che l'amore renda « paccio» è un luogo comune; ma « odir cantar de Orlando innamorato» (I,I,2,2) può apparire meraviglioso, anche se in fondo non lo è . « Ché qualunche nel mondo è più orgolioso E' da Amor vinto, al tutto subiugato» Altra è invece la follia di Orlando nel Furioso, non solo diversa per grado, per intensità, ma altra, autre. pertinente ad una dimensione sua propria. Mentre sem­ bra darsi per accumulo quantitativo, attraverso un con­ tinuum, tanio che è possibile riscontrarne addirittura gli antecedenti (il sogno di Angelica in pericolo, l'allucina­ zione del castello incantato in cui è prigioniera) in realtà scoppia, esplode, implica una rottura, il passaggio in­ si1eme a una condizione sovrumana (per lo scatenarsi di una forza fisica innaturale persino in un Orlando, - una « possanza estrema» (XXIV, 5), un « vigore im­ menso» (XX1III, 134-135) che gli permette di svellere pini, querce, olmi vecchi, faggi, orni, ilici, abeti, o di scagliare µn asino così in alto « ch'uno augelleito - che voli in aria sembra a chi lo vede» - XXIX, 53 -); e a una condizione subumana, bestiale: « un cagnazzo» 68

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