Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
specifica delle funzioni che le così numerose «cita zioni» ariostesche assolvono, e quella del loro carattere artisticamente pregnante, sulla linea delle indicazioni offerte da Mich:ail Bachtin nei suoi appunti su Il pro blema del testo (1976 postumo, ma 1959-'61; idee ela bOO"ate molto prima) e nella sua lettura critica di Do stoievski, di Rabelais, di altri autori. Qui basti osser vare, per inciso, e senza far ricorso al linguaggio tec nico, che almeno due di tali funzioni risultano evidenti a ,una lettura minimamente attenta. La prima la defi nirei «funzione di memoria intratestuale» (Bachtin parla di «interconnessione semantica (dialettica) e dia logica tra i testi»). L'impiego !'eiterato di materiali già elaborati nel corso storico della produzione letteraria, sottolinea e arricchisce quella «dimensione del passato» che già il mero uso della lingua implica. E quando le «citazioni», come nel caso di Ariosto, vengano assunte da contesti culturali e letterari così diversificati (latini, carolingi, bretoni, tradizione lirica (Petrarca), narrativa (Boccaccio), epica (Dante), italiane, per non parlare del l'immediato retroterra offerto dall'Innamorato), i piani di questo « passato» si fanno moheplici e si interse cano e il testo - ben lungi dal presentarsi come li neare - si raggruma in nodi temporali differenziati e differenziali, O'V'e i «residui» (le «citazioni») si muo vono - se mi è lecita questa espressione - in avanti e in indietro, costruendo non tanto uno «spessore» del testo, ma un continuo variare e modificarsi di spes sori, una mobilità interna, «dialogica», potremmo di:rie ancora con Bachtin. Altra funzione, anch'essa pregnante delle citazioni nel Furioso, è quella dell'ironia: un termine adoperato con molta frequenza dalla critica ariostesca, ma scar samente sottoposto ad analisi. Non tentiamo neanche di definire una categoria così sottile e sfuggente: sap piamo quanto Freud - che era Freud - si è trava- 64
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