Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
prima parte delle sue Lezioni di estetica, là dove in troduce, dopo l'analisi del «bello», la fi gu ra dell'ar tista, la cui «attività» egli chiama, appunto, fantasia. Di più: da un confronto tra l'inizio di questo paragrafo e lo scritto di Freud sembra indubbio che questi avesse direttamente presente il testo hegeliano. Tra gli indizi che lo confermano vi è proprio i,l comune riferimento all'Ariosto, e, in maniera più specifica il rifarsi sia di Hegel che di FT'eud al celehl"e aneddoto secondo il quale il cardinale Ippolito d'Este avrebbe domandato ad Ario sto, a proposito dell'Orlando Furioso: «Messer Ludo vico, dove avete preso tutte queste corbellerie?». Uno studioso positivista italiano, Pio Rajna, tanto benemerito della erudizione quanto sordo alla poesia ariostesca, aveva creduto a suo tempo di poter rispon del"e a questo interrogativo allineando minuziosamente le «fonti» del Furioso, a partire dal titolo, che è un calco sicuro dell'Hercules furens di Sieneca (ma anche un incrocio tra questo titolo e l'Orlando innamorato di Boiardo) e giù giù, attraverso le fonti delle varie e multiformi vicende del poema, sino ai singoli versi, ovi diani, petrarcheschi, boiardeschi, ecc. inclusi nelle 4842 ottave che lo compongono. Valga l'indiretta «risposta» che uno dei maggiori studiosi dell'Ariosto, Cesare Segre, dà nella sua Intro duzione all'edizione mondadoriana del 1976: «Il poeta, proprio perché libero dalle suggestioni dirette della materia, poteva dominare e sublimare il mondo che con questa aveva costruito, e anzi plasmarlo secondo le sue aspirazioni, a specchio dei suoi sogni. Così, accet tata l'immersione del ciclo carolingio (epico) nell'atmo sfera brettone o romanzesca della Tavola Rotonda; con tinuata l'alternanza tra utilizzazione dei romanzi fran cesi medievali (tanto apprezzati a Ferrara) e testi clas sici, l'Ariosto elaborò qualcosa di assolutamente nuovo». Rimane semmai aperta, a questo punto, l'analisì 63
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