Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
enunciati interrotN schrei!beriani, potrebbe essere la se quenza: « hors la...», tenuta in sospeso; da leggere con correzione, l'« altro», l'Horla non situandosi (come l'in conscio?) né fuori né dentro. Certo il nome Horla costituisce in sé un messaggio, un micromessaggio, uno di quei messaggi che si dicono autonimi, giacché è il significante stesso e non ciò che esso significa, a formare oggetto di comunicazione. Ag giungerò appena che il termine fa la sua comparsa in un sintagma fortemente ritmato, anzi addirittura rimato: « le... oui... il le crie etc....». 5 Una conclusione provvisoria prende la forma più sem plice della ricapitolazione. Il discorso della follia non si presenta come parole rispetto a una langue, ma neppure come una seconda langue: è la latente alterità del lin guaggio stesso, una sua pulsione ad assentarsi da sé, dal proprio corpo legale. Nel racconto maurpassantiano, la comparsa di tale discorso o scrittura si manifesta con il trasferimento delle strutture linguistiche e sintattiche « normali» a un piano differente di significazione me diante valori di sovradeterminazione del segno (valori ritmici, parallelismi abnormi, omofonrie, iterazioni accen tuate etc.). Tali occorrenze si finalizzano e qualificano a un risultato ultimo - e radicale, almeno nelle inten zioni -: la messa in discussione del soggetto in quanto supporto della scrittura, dell'enunciazione. Tale mise en doute si rivela in modo esemplare attraverso lo scom piglio degli usi pronominali. Rifiuto amplificazioni scon siderate e certo incompetenti: sarebbe tuttavia utile (ma-· gari necessario), a questo punto, riprendere in mano ciò che ha scritto Freud su Schreber - als Schreiber! - e ciò che vi ha aggiunto Lacan, particolarmente quello che annota circa la struttura dei messaggi delle «voci»: . inizi di frase, contenenti solo le parole che, nel codice, indicano la posizione del soggetto, a partire dal mes- 40
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