Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

se sono pazzo»... « ho visto dei pazzi»... « certo mi crederei pazzo, assolutamente pazzo». In tre annota­ zioni di diario successive, « rien» ricorre in posizione privilegiata, ad inizio di frase. Poco dopo, un triplice « lil faut» è seguito dall'ancora più siI).tomatica ripeti­ zione: « Oh, mon Dieu! Mon Dieu! MQIIl Dieu!» dalla quale esula ogni effettivo ricorso soteriologico · alla divi­ nità, cioèJ a un ordine produttore di « senso». E' un grappolo di fonemi, quasi esplosione paradossale di un linguaggio endofasico. Parallelamente, si segna1a la cre­ scita parossistica dell'esclamativo e dell'interrogativo e. simmetrico alla coazione a ripetere, uno schema ternario dii distribuzione sintattica. Un passo ancora, e si arriva al reperto fondamen­ tale al qua1e tutti gli altri appaiono cooI'dinati. Subito dopo l'episodio della rosa, c'è una notte tranquilla, sia pure con tracce del bevitore invisibile d'aoqua e latte. Il diario del protagonista reca l'annotazione: « Ho dor­ mito tranquillo. Ha bevuto l'acqua della mia caraffa; ma non mi ha turbato il sonno...». Qui il testo ori­ ginale francese è fondamentale perché non può tacere quel pronome che la traduzione ha eliso, direi per ne­ cessità della lingua, ma commettendo così un abuso nei confronti dei valori profondi del racconto: « Il a bu l'eau de ma carafe...». Compare qui per la prima volta il segno grammaticale dell'altro (sempre con la minuscola, beninteso), comparsa di cui non si saprebbe esagerare l'importanza. Tre pagine dopo, il pronome di terza persona ritorna nella forma dell'accusativo: « lo sento vicino», « je le sens près de moi»; e in tutta la frase che segue la presenza dell'« il» si espande, si costituisce. Nella grammatica leggiamo il processo di questa invasione e di questo spossessamento. Il narra­ tore ce!"ca per un momento di fare uscire tale presenza dalla nuda estraneità pronominale, in un tentativo di esorcizzazione o di addomesticamento: l'« il» sarà 38

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