Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
con la propria realtà e con la realtà circostante; escla mazioni con valore pateticamente apotropaico: esor cismo attuato dal discorso cosiddetto normale. Sopravviene, nel movimento saccadé del racconto, la seconda zona di riposo (apparente), con il soggiorno a Parigi, · inquinato tuttavia dall'esperimento d'ipnoti smo. Ma questo episodio diciamo così mesmerico è ancora un'escrescenza della ragione: uno degli ultimi punti in cui il discorso «normale» risuona ancora come maggioritario; subito dopo si potrà assistere a una trasformazione o, se si prc,ferisce, alla crescita di un'al tra scrittura, non come qualcosa di completamente di stinto che prenda il potere, piuttosto come una possi bilità trasversale. n «divento pazzo... divento pazzo», in apparenza si capovolge in «questa volta non sono pazzo. » , la cui esatta lettura ai nostri . fini non può separarsi dall'irruzione del ripetuto, del balbettato, del lo schizogramma: �< ho visto... ho visto... ho visto...». Le tre parole ·�«j'ai vu » ), moltiplicate quanto alla :ricor renza grammaticale ma demoltiplicate quanto al senso, ossia private della loro carica d'informazione, si pre sentano come i grafi inaugurali di un particolare pro,cesso significante: battono su un «vuoto » come i tre . colpi di bastone tradizionali ad apertura di commedia, con la sala buia e il sipario chiuso, già parte dello spettacolo eppure «prima» dello spettacolo. Il testo ha un bell'allineare frasi del discorso «normale » , co municativo: «ho ancora paura fin nelle ossa» etc.; uno :spostamento è avvenuto. Ricordo che si dà qui l'episodio della rosa spiccata da una mano invisibile e volteggiante verso una bocca assente, ultimo esercizio di prestidigitazione un po' vol gare. Ma è la scrittura dove effettivamente qualcosa accade. Il balbettio s'istituzionalizza, secondo una sorta di soffio ritmico, in una simulazione di rima ricca, in una costruzione al limite per omoteleuti: «mi chiedo 37
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