Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978
conto ma alla sua stessa produzione come discorso. Mi riferisco alla sequenza in cui il narratore scopre per la prima volta che, durante la notte, l'acqua e il latte vengono bevuti e tenta poi un esperimento - o se si vuole una trappola - ricoprendo le caralffe di musso lina bianca e strofinandosi le labbra, la bartba, le mani di piombaggine. Al risveglio, latte e acqua sono stati bevuti come al solito, ma i panni che li invol gevano restano immacolati. Che cosa dobbiamo - o almeno possiamo - leg gere qui? Il ibianco si presenta come la marca di ciò che sfugge, di un vuoto o buco prodottosi nelle se quenze della realtà, di una «alternativa,»; in certo senso è una « parola bianca» che comincia a enun ciare qualche cosa. I lini bianchi non :(ecano traccia di piombaggine: ma piombaggine è un altro nome per grafite, · e ovviamente quest'ultimo termine porta per contiguità nel campo semantico dello scrivere. Il rap porto fra i due oggetti si risolve, in definitiva, nel sim bolo della scrittura. Insomma, nel punto in cui co mincia a determinarsi la crisi del racconto, la figura che emerge è una figura relativa allo scrivere: l'im possibilità che una scrittura, ·quella della piombaggine, preor,dinata dal soggetto narrante, si manifesti, diventi visibile e operante sul « negativo bianco» di un'altra scrittura, che non dice ancora le sue istituzioni. Qui si entra già nella seconda fase. Il lettore co mincia a incontrare alcune connotazioni (appena ini ziali, s'intende) di un discorso particolare: per esem pio la ripetizione, anche se non ancora con il carat tere di « balbettamento» che assumerà più tardi, con figurandosi come uno degli stereotipi o schizogrammi, per adoperare un po' abusivamente una terminologia lacaniana nei suoi studi sulla paranoia: « Divento paz zo... divento pazzo... Senz'altro, sono pazzo...»: : enun ciati che ancora tengono rapporto o meglio le distanze 36
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