Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

è l'escursione del.narratore al Mont Saint Michel. Nella fase iniziale, quando il personaggio comincia ad avver­ tire le prime inquietudini, i primi al)armi, le prime defezioni della volontà, la scrittura continua ad essere la scrittura della normalità, la scrittura che non tra­ disce. L'infittirsi delle interrogazioni, degli esclamativi ne inquieta ma non ne stravolge ancora l'istituzio­ nalità. La prima esperienza di una « impotenza atroce» e deferita in una stretta opposizione sintattica: « voglio gridare-non posso; voglio muovermi-non posso; tento.. di voltarmi...-non posso!», che resta ancora omogenea al discorso regolare, si risolve ancora tutta nell'unità del soggetto dell'enunciazione. Insomma, il centro orga­ nizzativo, il supporto della scrittura non è stato an­ cora investito. Anche se fino al termine di questa prima fase la tensione - non dico appena quella psicologica, ,emotiva, ma la stessa tensione della frase {un sintomo: la prima comparsa della ripetizione con funzioni meta­ narrative: « Idea bizzarra! Bizzarra! Idea bizzarra! ») - è in crescendo, il discorso continua ad essere il « di­ scorso dell'equilibrio», ossia il discorso che, pur re­ gistrando un trauma, uno squilibramento, lo enuncia sempre sullo sfondo di una stabilità costitutiva da re­ cuperare. 4. ,Da quanto detto finora credo discenda logicamente che non si dà un rpunto o momento preciso nel quale entra in scena la scrittura della follia. Non si tratta di una separazione, per cui l'un discorso prende le consegne dall'altro, secondo precise competenze terri­ toriali o giurisdizionali. Si produce piuttosto una tra­ sformazione dai confini assai instabili. Tuttavia il let­ tore può reperire un luogo di avviso, o di crisi, in­ somma un luogo significativo: dov,e compare un sim­ bolo che ha valore - ossia che deve essere letto - non solo in rapporto alla catena referenziale del rac- 35

RkJQdWJsaXNoZXIy