Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

Non sarò io a meravigliarmi di questa sacrosanta tendenziosità. Ogni giudizio non è che la formulazione attrezzata di un pregiudizio. Ho sempre a mente quella pagina di « Al di là del bene e del male» in cui Nietzsche dice: « La falsità d'un giudizio non può servire a noi d'obbiezione contro il medesimo. La questione è di sa­ pere quanto tale giudizio possa giovare a favorire, a conservare, la vita, la specie.» E' solo su questo piano, solo da questo punto di vista saggiament,e utilitaristico che mi permetterò di giu­ dicare i giudizi di segno nuovo, sorprendentemente nuo­ vo che sull'America esprimono i telquelisti da una parte, .A]lberto Jacoviello dall'altra. 1) / tre moschettieri nel paese delle meraviglie Non si richiedono fatiche particolari per riassumere la domanda che Julia Kristeva, Marcelin Pleynet e Phi­ lippe Sollers si fanno da sé « Pourquoi les États-Unis? ». Perché riscoprire, ridescrivere (rivalutare in sostanza), gli Stati Uniti, oggi. Perché, essi dicono, si ha « l'im­ pression que le capitalisme américain dont tout le monde s'accorde à dire qu'il est le plus avancé et le plus tota­ lisant aujourd'hui, loin de traverser une crise, est un système de récupération permanente, de replatrage de crise, et je mets dans ces termes non pas une valeur péjorative, mai plutòt un sens de possibilité de survie des plus vivaibles». Se non vado errato, se non mi sbaglio di grosso, e se non traduco male da questo francese, qui siamo di fronte ancora una volta all'· « ideologia della Rinascen­ te»: così l'ho chiamata una volta. L'America · è quella cosa che si rinnova sempre e riassorbe tutte le crisi, ricompone tutti gli equilibri sconvolti. Che come la fe­ nice dantesca rinasce sempre dalle :proprie ceneri. Tra 188

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