Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

178 attesa è rimasta vana, è forse perché avrei voluto che prima tu... ti assumessi il mio disagio. Che tu ti accorgessi che questa fotografia mi ha rinno­ vato un dolore lontano, risvegliato un ricordo ri. mosso. Certo un dolore in questo momento mi· nimo. Irrilevante. Ma che un tempo, in me, era tutt'altro che minimo, tutt'altro. Problema che oggi, e per fortuna, io riconosco più in altri che in me stessa. Oggi che ho scelto i miei desideri_ e che so quando dire di sì. Oggi che so che dire sì: non vuol dire unirsi per la vita... almeno non necessariamente, almeno fino a che potrò sem­ pre dire io... cioè no. No: una particella a cui manca qualcosa per fare noi... E anche questo è un gioco di parole . Tra no e noi, gioco italiano questa volta, ma che porta allo stesso risultato dell'altro: cioè alla quo­ tidianità, alla vita di tutti i giorni, in una parola al cosiddetto privato. E questo finché ci sono giorni... Al privato mio caro. Perché il :privato esiste! E il privato non è fatto solo di io! Ricor­ dalo se vuoi che al noi si risponda sì. Ricorda che ora nel tuo privato ci sono anch'io. E che anch'io posso dire io, cioè no! Capito? mio casalingo... Quindi ribadisco la mia domanda, e non in­ timorirti del suo vigore scolpito: « io o noi?». A nulla vale puntare i ginocchi, mio caro; non è sufficiente recalcitrare su delle ,parole in giostra . Quel gioco dei genoux, che ti piaccia o no, por­ tava a una cosa seria: alla nostra vita privata. Quindi io o noi? Rispondi se vuoi che abbassi le ginocchia... e dica sì. Non è per farti la lezione, credimi, è solo per meglio argomentare la posizione che ho assunto lungo questa conversazione, ma vedi... in quelle che sto per dirti c'è un po' di verità, poca, ma c'è.

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