Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

attorno a quel soggetto! E a volte succede che anche attraverso le immagini, che non sono idee pneumatiche, ma materiali concreti, si dica rpiù di quanto si vorrebbe. Sì, sto riscivolando in un processo alle inten­ zioni su chi ha scelto la fotografia. Mi fermo subito. Ritorniamo alla oggettività di questo messaggio fotografico. Lasciamo stare ciò che volevano che ci dicesse; perché, oltretutto, può anche darsi che la scelta di quella fotografia fosse consapevole di tutte le sue implicazioni. Ritorniamo piuttosto a ciò che c'è nella foto,... alla monfologia di quella comunicazione, punto e basta. Il sigaro. .Dicevo di non preoccuparti. Come vedi la mano che regge quella brace non ha intenzione di nuocere. Quello scettro borghese, quella verga reale e che si può succhiare da una parte sola, è placidamente ap­ poggiata su un ginocchio: genou, in lingua fran­ cese... di là dalle Alpi! E significante che nel lin­ guaggio di Lacan può essere spezzato in je nous, io noi. Io o noi? Ecco l'amletica questione. x - Ti avverto che stai penzolando tra le più acroba­ tiche possibilità. y - Certo che è un gioco! Ma ciò che importa non è questo gioco di parole, ma dove la sua forma con­ duce. Forse avrei potuto arrivarci per altre strade, correndo su altri ponti associativi, o indugiando per altre frasi o sentieri, ma gira e rigira avrei scoperto lo stesso nodo: io o noi? Noi? Non èl forse la domanda che anche tu, a tuo modo e a più riprese, mi hai rivolto con le tue allusive proposizioni? Da quando sei uscito dal bagno, di metafora in metafora, mi hai più di una volta chiesto: noi? E avevi negli occhi il fer­ vore del desiderio, la pienezza di una speranza. E se io ho continuato a risponderti io, e la tua 177

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