Il piccolo Hans - anno V - n. 18 - aprile-giugno 1978

identificatoria e sublimatoria (si veda Al di là del prin­ cipio di piacere). Siamo ancora nella lettera del testo lacaniano? E chi lo sa. Quel che è certo è che Jacques Lacan non ha mai incoraggiato i ripetitori e che una forma di scolastica che dal suo insegnamento si è ge­ nerata non cessa di tediarlo. Una delle opere più tormentate di Georges Bataille è L'impossibile rdi cui qualche anno fa curai la tradu­ zione italiana. Tale opera si .intitolava la prima volta (edizione del 1947) L'odio della ipoesia. Tutto un capi­ tolo della storia dei rapporti della psicoanalisi con il mondo della scienza e della cultura potrebbe essere dedicato alle resistenze alla psicoanalisi. Oggi però ri­ tengo che, ifiaccate apparentemente le resistenze e dif­ fuso in modo preoccupante l'interesse, nessun avanza­ mento della causa psicoanalitica sia consentito se non si fanno i conti, come per la poesia, con rl'odio per la psicoanalisi. Non so se il · testo, definito uno «scherzo», di Elio Benevelli abbia un valore ,letterario. Mi sono preso la responsabilità di forzarne un poco la pubblicazione per­ ché mi sembra documentare la funzione dell'odio in psicoanalisi. L'odio non è garbatamente civile come il dissenso, anche se dal dissenso si fa portare. L'odio è la proprietà del soggetto anchilosato per lo sforzo di tenere insieme la catena del corpo e quella del sapere. Sforzo che porta il segno dell'impossibile e che all'im­ possibile chiede un passaggio. La psicoanalisi lacaniana è il grande collettore dell'odio per la psicoanalisi giac­ ché vi defluisce ciò che spesso altrove non si cessa di minimizzare: la portata annichilente del duplice impe­ gno « tu es (tuer) mon épouse », « tu es (tuer) mon maure». « Quindici anni fa ho pubblicato per la prima volta questo libro. Gli davo allora un titolo oscuro: L'Odio della Poesia. Mi pareva che alla poesia vera e propria . 165

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